Della presenza di una chiesa in Terranova intitolata
ai Santi Cosma e Damiano abbiamo per la prima volta notizia nell'Inventario
Orsini del 1722, che riferisce, tra l'altro, la data della consacrazione,
il 26 aprile 1694: a riprova, viene citato un istrumento "il
quale si conserva nell'archivio della detta Chiesa al folio primo".
Ciò vuol dire che la chiesa, così come si vede oggi,
fu costruita durante la seconda metà del XVII secolo. Sicuramente
nel 1686 essa era già funzionante, poiché nel medesimo
documento si accenna "a tutta la riparazione della detta
Chiesa fatta nell'anno 1686 al primo ottobre, con rogito notarile
di Giovanni Giordano della Terra di Altavilla". Dopo tale
data, la Chiesa fu di certo ampliata, dal momento che sia l'Inventario
del 1709 che quello del 1722 riportano la presenza di un unico
altare (quello maggiore) intitolato ai Santi Cosma e Damiano.
Solo più tardi la Chiesa viene dotata del campanile, "alto
palmi 32 con ordini di sedici palmi di cui uno coverto di imbrici.
Vi son quattro finestroni e per salirvici ne sta fatti venti gradini
di pietra paesana arrotati, tutti sopra volte, o sian lamie di
tufi e pietre. Nella parte interiore è tutto tonicato e
nella esteriore di riccio fracassato. Vi sono due campane, una
di rotola novanta in circa, l'altra di peso di rotola settanta".
Da altra fonte siamo a conoscenza della buona fattura delle campane,
fuse con il rilievo a decoro: "una coll'Immagine della Croce
e l'altra coll'Immagine della Beatissima Vergine ". Occorre
precisare che il palmo è un antico strumento di misura
ed indicava appunto la distanza del palmo della mano aperta, tra
l'estremo del pollice e del mignolo: ve ne erano di diversi tipi
e da noi vigeva il palmo neapolitano corrispondente a m. 0,264,
per cui il campanile era alto all'incirca 8,5 metri. Il rotolo
invece era l'antica unità di misura del peso usata nel
bacino del Mediterraneo per scambi commerciali, equivalente a
kg. 0,890. Le due campane di bronzo erano pertanto di piccole
dimensioni e pesavano rispettivamente 80,1 e 62,3 chili. Fin dal
1709 numerosi erano già i benefici mobili ed immobili elargiti
alla chiesa di Terranova attraverso lasciti testamentari. Essi
consistevano per lo più in case, terreni, denaro e voti
in metallo prezioso. Nell'Inventario Orsini ogni proprietà
viene censita e riportata con il relativo atto notarile di cessione.
E così vengono elencati i territori concessi dalla chiesa
di Terranova a titolo enfiteutico a 29 anni in denaro e a grano,
come i censi perpetui sulle case e quelli temporanei sulle locazioni.
Un accordo scritto con l'Università del luogo permetteva
all'arciprete di esigere una ulteriore gabella in natura sulla
produzione agricola, la decima: "la sudetta Chiesa Arcipretale
ha il jus decimandi in tutti i territori del ristretto della terra
di Ierra nova Fossa ceca, mediante istromento fra i 'Università
di detta terra ed il signor Arciprete..". I contadini pagavano
l'imposta soprattutto sulla produzione di grano, orzo, grano d'India,
legumi e canapa, corrispondente nel 1722 a 104:20 ducati. La stessa
Università di Terranova versava il proprio contributo alla
Chiesa, avendone avuto prestito in danaro: "14:4 0 per capitale
di 155 de quali si obbligarono gli eletti Giuseppe Papa e Francesco
di Nisi a 6 aprile 1709..". All'interno della chiesa dei
SS. Cosma e Damiano operava un istituto assistenziale e parareligioso
gestito da laici, la confraternita del SS. Rosario, con propria
Cappella e regolamento interno, associata al Monte Frumentario
di Benevento. Vi facevano parte 48 confratelli, con a capo un
Priore laico: un economo provvedeva a redarre i conti di cassa.
Esisteva una rendita annua di sussistenza, sulla base delle quote
associative dei confratelli, che nel 1722 ammontava a 43:11 ducati
e dei legati più (celebrazioni di SS. Messe) pari a 22:80
ducati. L'oratorio era in gestione ai laici, ma comunque controllato
da un ecclesiastico: anzi, si precisava che"la Mensa arcipretale
ha il peso di fare ciocché è bisogno in questo oratorio
". La confraternita aveva il diritto di sepoltura dei propri
associati nella Cappella privata (ricordiamo che in passato non
c'erano i cimiteri, ma un solo luogo, entro il perimetro della
chiesa, dove le saline venivano interrate in fosse comuni). I
confratelli vestivano un camice bianco legato in vita da una cinta
e, sopra le spalle, la mozzetta nera con fettuccia attorno. Un
tempo nell'Archivio Parrocchiale di Terranova erano custoditi
manoscritti importanti, tra cui l'atto di costituzione della Confraternita
del SS. Rosario, un libro unico sulle mancanze dei Fratelli ed
un altro con gli iscritti alle Indulgenze del SS. mo Rosario,
gli Acta civilia, cessiones et insolutum dationes, una raccolta
di atti civili, e diversi libri contabili. Seguiamo dalla descrizione
minuziosa come si sviluppava la chiesa nel 1709, prima di subire
radicali trasformazioni, dal racconto che ne fa il delegato arcivescovile
del tempo, l'abate Domenico Antonio Manfrei: "A capo della
Chiesa dirimpetto alla porta vedesi un Cappellone sfondato con
la cupoletta, dentro del quale vedesi eretto l 'Altare maggiore
con spiedi di pietra lavorata fino a torno detto Altare, nel quale
si ascende per tre gradini di pietra; sopra li medesimi stanno
i cancelli di legno torniti di forma rotonda, nel piano dei quali
vi è un suppedaneo di legno usato, con due gradini di legno.
Un paliotto dipinto al muro con Croce in mezzo... [segue un elenco
di suppellettili] ... un quadro con cornice di legno... dove sta
dipinta l'immagine della Madonna del S. mo Rosario, con i soliti
quindici misteri usati. Appresso si vede il Cimitero [in realtà
si tratta dell'ossario comune interrato, al quale si accedeva
tramite una botola sul pavimento della Chiesa] e sopra la porta
del quale sta il pulpito di legno a color di noce... con grade
di fabbrica ed appoggio anche di fabbrica [in muratura]... Nell'arco
sinistro di detta Chiesa vi sta un quadro a mezzo busto di tela
amovibile intitolato Santo Filippo Neri. La soffitta di detta
Chiesa è tutta pittata col friso [fregio] a tonio anche
pittato di diversi colori e la soffitta è fatta a quadretti
di legno e poi pittata. Dentro detta Chiesa vi sono dodici Croci
quali stanno a torno alla medesima pittate di diversi colori e
fatte a modo rotonde, con piroli di ferro sotto per tenere le
candele e sotto otto di dette Croci vi sono otto tavolette di
legno pittate... Dalla parte sinistra di detta Chiesa e proprio
fuori di essa vi sta il campanile... e per salire sopra il medesimo
non vi sono grate di fabbrica, ma si sale per una scala di legno
dalla parte di fuori [nel 1709 la scala era dunque di legno; sarà
costruita in muratura prima del 1722]. Appresso si vede la sagrestia
dentro la quale si vedono due armadi per conservare le suppellettili..,
una statua di legno indorata di S. Maria del Pigno... Un armano,
dove si conservano le reliquie de Santi Cosma e Damiano in due
statue di legno indorato a mezzo busto coll'incisione [la scritta
con i loro nomi] in petto...". Sarebbe interessante comprendere
come ed in quale misura è attecchito in Terranova il culto
per i Santi Cosma e Damiano; tuttavia anche le fonti orali, oltre
a quelle scritte, non ci aiutano a risolvere la questione. Pare
che la diffusa devozione in Italia, e soprattutto in area meridionale,
per i due santi medici si debba al loro potere taumaturgico: gli
ex voto in argento (braccia, mani, gambe, teste, intere figure)
custoditi ancor oggi nella navata destra della chiesa testimoniano
il legame mistico-ancestrale che ha da sempre unito la gente semplice
ai santini a mezzo busto.
A seguito della vetustà la vecchia chiesa fu abbattuta
nel 1934. Ricostruita, soprattutto grazie al contributo dei terranovesi
in America, venne eretta nell'attuale posizione.