DALLE ORIGINI ALL'ETA' MODERNA
Terranova, oggi frazione di Arpaise, già nel
XII-XIII secolo doveva presentarsi come abitato definito o almeno
come presidio militare fortificato. Se del centro storico medioevale
rimangono poche tracce, del castello sono ben visibili le mura
e i torrioni. Il toponimo Terranova deve addursi alla chiara circostanza
per cui in origine l'abitato doveva locarsi a valle (fossaceca)
e solo successivamente, intorno alla seconda metà del XV
secolo fu riedificato, a seguito di distruzione bellica, in un
sito nuovo, più elevato e per questo detto Terra nova.
Vennero comunque conservate per lungo tempo ambedue le diciture,
a definire l'intera estensione territoriale, da cima a valle.
Così nei documenti più antichi s'incontra il toponimo
Terranova fossacaeca, nel senso di gola chiusa: la ragione può
spiegarsi osservando la posizione geografica strozzata, per cui
ogni strada di accesso al luogo da ovest a sud-est appare negata.
Anche lo sviluppo pianeggiante a mo' di conca spiega facilmente
come si arrivi al toponimo fossaceca, frequente nelle carte d'archivio
fino al XIX secolo. Tutte le notizie relative al primo periodo
di Terranova sono oggi argomento di indagine. In epoca normanna,
Terranova era feudo della vicina contea di Prata, appartenente,
già intorno all'XI secolo ad un tale Rainone. Da questi
passò al figlio Ugone, che ambiva a spodestare Rainulfo
I di Alife, conte della vicina Montesarchio, cognato ed acerrimo
avversario del re Ruggero I.
Nel 1127, egli si rese protagonista di un conflitto
d'interessi piuttosto importante, che Terranova visse solo di
riflesso. ma che generò aspri combattimenti in tutta la
piana di Tufara, fino alla Valle Caudina. Per raggiungere i suoi
scopi Ugone strinse infatti alleanza con il re, contro Rainulfo
ed il conte Roberto di Capua, ma gli eventi precipitarono per
l'intervento di papa Onorio a fianco del conte di Alife. Il re
normanno, richiamato a Napoli da una rivolta, abbandonò
alla vendetta del suo rivale Ugone, che dovette piegarsi alle
condizioni di durissima resa del conte Rainulfo e giurare a lui
obbedienza; egli non rinnegò però l'amicizia con
il re Ruggero, riuscendo comunque a conservare il feudo di Terranova,
come territorio di possesso. Tuttavia, cinque anni più
tardi Ugone di Prata si macchiò di nuove ignominie, per
cui Rainulfo, che abitava stabilmente la fortezza di Montesarchio
decise di punire senza condizioni il ribelle, nel 1133; un esercito
di ventimila uomini prese di assalto la rocca di Apollosa, dove
Ugone dimorava temporaneamente e la distrusse assieme al villaggio.
Dal 1133 e per una cinquantina d'anni abbiamo poche notizie relative
a Terranova. Sappiamo che l'assassinio di Ugone di Prata scatenò
l'ira di Ruggero, il quale decise di chiudere la partita con il
cognato ribelle una volta per tutte: senza spargimento di sangue,
lo fece catturare nella rocca di Montesarchio e giustiziare.nel
1139. La punizione del re contro i rivoltosi fu esemplare: il
suffeudo di Terranova e molti altri feudi vicini per diversi anni
rimasero di regio possesso e furono governati da emissari.Una
nuova investitura fu voluta da Guglielmo II, successore di Ruggero,
nel 1181: egli affidò il beneficio di Terranova, con la
reggenza di un milite, a tale Guglielmo della famiglia di Ugone,
come segno di apertura e di conciliazione: "G'uillelmus de
Fossacaeca tenet de eo Fossam caecam, quae est, sicut ipse dixit,
feudum unius militis. Una inter ftudum et augmentum obtulit milites
duos et servientes duos". Abbiamo motivo di ritenere che
Guglielmo, per essere riportato con propria rendita feudale intestata
al luogo, fu il primo dei conti di Prata ad abitare la rocca di
Terranova, sebbene in suffeudo al tenimento principale, come si
comprende dai tributi versati. E' altresì probabile che
fu lui stesso ad ordinare la costruzione dell'antico edificio,
di cui oggi restano alcune cortine ed un torrione circolare: infatti
la tecnica di fabbricazione e l'utilizzo di particolari materiali
edilizi" lasciano intendere un primo intervento in epoca
tardo-normanna ed un sicuro rimaneggiamento posto in essere tra
il XV ed il XVI secolo, forse dagli Orsini. Già l'esistenza
di un fortilizio deve indurci a ritenere che l'abitato di Terranova
si sviluppò, tra il XII ed il XIV secolo, a modello di
"pagus", non nei pressi dell'abitato, come per altri
feudi del Sannio, bensì a breve distanza, più a
valle, appunto in fossaceca. Fu questo il tempo in cui l'Appia
consolare, che nei secoli era stata condizione di benessere e
di sviluppo, consentì agli eserciti di raggiungere i villaggi
lontani della terra sannita, per portarvi guerra e irruzione:
a scopo di difesa, le popolazioni civili si arroccavano o sulle
alture o in aree geografiche impervie e protette naturalmente,
come per l'appunto Fossaceca; in altri casi, crescevano e si sviluppavano
intorno all'edificio fortificato, per difendersi meglio in caso
di attacco o di incursioni.
Durante il periodo di interregno che va dalla fine
del dominio normanno all'avvento degli Svevi, Terranova, con tutte
le altre terre del Sannio, divenne possesso della Chiesa; ma nel
1241 Federico II, durante l'assedio di Benevento conclusosi con
la resa della città, privò l'arcivescovo dei beni
feudali, degli appezzamenti di terreno e di tutti i benefici immobili
che aveva in Terranova. Non sappiamo a chi fu dato il nostro feudo,
dal momento che non esiste documentazione originale relativa a
questo arco di tempo. Di certo l'intera area, compresa tra Altavilla
Irpina e la conca naturale di Terranova, per alcuni mesi fu interessata
dagli scontri preliminari, che culminarono nella decisiva battaglia
di Benevento del 1266: la sconfitta di Manfredi significò
la fine del potere svevo e l'avvento degli Angioini nel Regno
di Napoli. Terranova compare nuovamente in due atti amministrativi
dove risulta tassata tra i villaggi di area beneventana: la prima
testimonianza si riscontra in un registro contabile del 1308 conservato
nell'Archivio Vaticano, nel quale sono raccolte le Rationes collectoriae,
cioè le decime dovute dal popolo al clero per l'amministrazione
spirituale e dal clero versate alle casse pontificie. Vi si attesta
che "clerici castri Terraenovae solverunt tar XIII"
la seconda, del 1320, stabilisce con atto regio l'accatastamento
per 4 oncie, 13 tarì e 15 grane del feudo di Terranova,
nominato assieme a Pannarano, Pietrastornina ed Altavilla, obbligato
altresì allo sgravio doganale per il passo di Frigento
Relativamente al periodo angioino, abbiamo scarsìssime
notizie per attestare come si svolse la linea dinastica feudale
sul territorio: probabilmente ne fu padrone anche quel potente
Giacomo Della Leonessa, vissuto durante la seconda metà
del XIV secolo, che avanzava possessi su buona parte del Sannio
meridionale.
Le devastazioni più consistenti all'originaria
fortezza normanna, che fu quasi del tutto abbattuta, appartengono
alla prima metà del Quattrocento: nella guerra di successione
al trono di Napoli tra Renato d'Angiò ed Alfonso V d'Aragona,
l'intera area sannita, per volontà della Chiesa, cui l'Angioino
si mostrò da sempre vassallo, si schierò decisamente
a fianco dei francesi, così che, quando ne uscì
vittorioso, Alfonso si prodigò in una feroce spedizione
repressiva contro quei feudatari fautori del partito angioino.
Il villaggio di Terranova, quello originario situato
a valle, fu pertanto incendiato e mai più ricostruito.
Quanto alla fortificazione, appare improbabile che fu riedificata
in altro luogo: tutte le torri e gli avamposti militari avevano
una valenza strategica, per cui dovevano aprirsi al controllo
visivo del territorio circostante. Né da valle, dove sorgeva
il primitivo villaggio, si godeva di sufficiente panoramica per
avvistare il nemico. Siamo pertanto convinti che il castello di
Terranova sia sempre stato lì dove ora si vede e sulle
sue rovine normanne poi ricostruito, confortati anche dal fatto
che nessuna vestigia di fortino è stata rinvenuta fino
ad oggi nella conca pianeggiante. Fu un periodo particolarmente
confuso per tutto il Regno di Napoli l'intervallo di tempo in
cui la sede regia rimase vacante, nonostante l'effimera presenza
della regina Giovanna e la provincia di Benevento teatro di sanguinosi
scontri ed azioni di banditismo: per la mancanza di un governo
centrale forte, gli abusi feudali si moltiplicarono, spinsero
il potere baronale all'autogoverno e corrosero il rapporto consuetudinale
tra Corona e signori locali. Ciò capitò nei grandi
centri come nei piccoli: anche il villaggio di Terranova fossaceca
subì numerosi incendi e saccheggi, al punto da ridursi
nel 1453 a soli 12 fuochi censiti.Durante la seconda metà
del XV secolo il feudo passò a Francesco Ursino, prefetto
di Roma e conte di Gravina, al cui titolo fu aggiunto. Questi
chiese ed ottenne dal sovrano Alfonso V d'Aragona licenza regia
a che il villaggio da valle fosse trasferito in un luogo più
elevato e protetto, in prossimità della rocca già
esistente. Gli Orsini mantennero il feudo di Terranova fino alla
fine del Quattrocento: Ferrante, discendente di tale famiglia,
lo vendette infatti al potente conte di Altavilla, Bartolomeo
di Capua, molto vicino a Ferrante d'Aragona e proprietario di
vasti possedimenti nel Casertano e nell'Avellinese.
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